CABINET OF CURIOSITIES

The Art of Portraiture: A Journey into the Realms of the Surreal and the Enchanted Works of Ben Ashton and Matthew Grabelsky
Giugno 28, 2024
CABINET OF CURIOSITIES

Un indimenticabile viaggio nel regno del ritratto ha avuto inizio con la doppia mostra personale di Ben Ashton e Matthew Grabelsky, inaugurata alla Dorothy Circus Gallery di Roma.
In una commistione di surrealismo e riferimenti al passato e al mondo contemporaneo, in cui il ritratto si fa portatore di profondi significati, i due artisti ci conducono in realtà altre, magiche ed affascinanti.

Chi sono questi due artisti, e cosa vogliono raccontare attraverso le loro opere uniche?

 

 

UNO SGUARDO ALLA STORIA DI BEN ASHTON

 

L’umorismo, inoltre, è uno degli elementi fondamentali del suo lavoro. Grabelsky ha sempre amato l'umorismo visivo e spesso è proprio un pensiero divertente la scintilla iniziale per le sue opere. Se vede uno spettatore divertirsi davanti alle sue opere è felice e sente che ha raggiunto il suo scopo. Vuole che lo spettatore provi gioia nel guardare i suoi dipinti.

Riportando le parole dell’artista: “A volte le persone mi dicono che non sanno se ciò che vedono nei miei quadri è proprio quello che sto cercando di tramettere attraverso di essi. Quando sento questo capisco che quell’opera ha avuto successo perché so che queste persone si sono impegnate nel guardarla e mentre l’opera ha scatenato la loro immaginazione, loro cercano di trovare il suo significato o la sua storia."

 

 

Ben Ashton, noto come il "maestro della sovversione", presenta "Weaponized Nostalgia", un'ampia esplorazione stilistica che incarna la sua evoluzione artistica.

Le opere di Ashton intersecano nostalgia e pulsioni astratte, sovvertendo la realtà in un modo quasi psichedelico. Queste opere rivelano una profonda ricerca sull'arte classica, sul costume vittoriano e sulla natura umana. Temi ricorrenti includono autoritratti e ritratti della sua famiglia.

 

Ashton utilizza sia tecniche pittoriche classiche che mezzi tecnologici contemporanei per creare opere stimolanti e affascinanti. Ispirandosi ai "ritratti di sfarzo" di artisti come Thomas Lawrence, critica l'ipocrisia politica contemporanea e sottolinea la natura ciclica della storia.

Ashton vede il suo corpus artistico come una narrazione personale, una cronaca visiva della sua vita e delle vite delle persone che lo circondano. Secondo l’artista una retrospettiva postuma del suo lavoro svelerebbe l'intero percorso della sua vita attraverso la pittura, testimoniando il passaggio del tempo - "Vedresti qualcuno invecchiare", dice, aggiungendo un po’ del suo amore per la resilienza del ritratto: "ha una strana genealogia ed è stato parte del mezzo di espressione dell'umanità per secoli."

 

L'ARTE DI BEN ASHTON: UN'UNIONE ARMONICA TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO

 

 Nelle sue opere, Ashton contrappone la tecnica tradizionale e i riferimenti all'arte classica a una virata ipermoderna e una sovversione surrealista. Ha sempre considerato la storia del ritratto come un indice per commentare gli eventi attuali e esprimere la propria visione critica. L'umorismo è uno strumento che usa per alleviare le preoccupazioni sull'umanità, evidenziando la natura ciclica degli eventi. I suoi personaggi sono antieroi, ignari del dolore che causano e inconsapevoli della loro imminente autodistruzione. 

 

 

Le sue opere, inquietanti ma affascinanti, creano una distorsione che cattura lo sguardo, immergendo in una realtà antica e contemporanea.
Come Grabelsky, anche Ashton è cresciuto in un ambiente artistico, con genitori coinvolti nell'arte. Tuttavia, ha preso sul serio l'arte solo all'università, decidendo di concentrarsi su di essa per la sua longevità, le possibilità di espressione e lo spazio per espandersi, dopo aver considerato altre carriere come musicista o attore.

 

Ashton ha avuto una formazione artistica molto particolare. Ha terminato il suo BA all'Università di Newcastle nel 2006 e poi ha completato il suo MA alla Slade School of Fine art nel 2008. Mentre studiava ha iniziato ad insegnarsi da solo a dipingere, guardando i libri e le opere d’arte dal vivo, nei musei.

Stava di fronte a dipinti nei musei per ore ed ore per capire le varie tecniche di stratificazione. Si è concentrato su diversi grandi maestri della pittura finché non ha sentito di aver appreso ciò che volevo da ognuno di essi, e tramite questo suo contatto con le loro opere e la sua lunga sperimentazione è arrivato a sviluppare uno stile proprio e assolutamente unico ed eccezionale.

 

L'ARTE COME ATTO TERAPEUTICO

 

Ciò che più gioia dà ad Ashton nel dipingere è la tattilità della pittura e la risoluzione infinita dei problemi all'inizio di un dipinto.

Ama il tempo che richiede e la sua graduale evoluzione, trovando che il processo di dipingere non sia mai noioso poiché è in costante divenire. Per lui, dipingere è anche terapeutico, consentendogli di sdrammatizzare le sue ansie attraverso un atto di creazione graduale.

 

 

Tuttavia, trova difficile guardare al futuro del suo lavoro, essendo molto legato alla sua reazione alle questioni attuali.

Ashton trae ispirazione per le sue opere dalle attuali questioni geopolitiche e dalla storia dell'arte, trovando collegamenti tra gli errori dell'umanità in vari periodi storici.

Nelle sue opere è evidente un forte riferimento alla cultura e alla storia inglese, in particolare all'epoca vittoriana. Riflettere sui giorni dell'impero attraverso una lente contemporanea può mostrare quanto si sia caduti in basso nella società contemporanea, divenendo così una sorta di critica sociale. 

 

 

La musa ispiratrice di Ashton è sua moglie, la fotografa Fiona Garden. Egli, inoltre, esplora ampiamente l’autoritratto, ponendosi al centro della propria opera. Anche suo figlio è spesso protagonista dei suoi ritratti, e così, nel corso degli anni, la sua famiglia è diventata un cast di personaggi che interpretano ruoli diversi.

L'artista ama limitarsi a questo piccolo gruppo di persone, questa sorta di limitazione lo spinge a diventare più creativo. 

 

GUARDARE AL PASSATO PER VEDERE IL FUTURO

 

Per Ashton, l'idea di eredità nell'arte è fondamentale e gioca un ruolo importante nel suo lavoro, che riflette aspetti della cultura contemporanea pur trasmettendo un senso di eternità. Utilizza la pittura ad olio perché crede che resistereà alla prova del tempo e spera che il suo lavoro serva agli artisti futuri, come le opere del passato hanno ispirato lui e altri amanti dell'arte. 

 

 

Si ispira principalmente a Thomas Lawrence, ma guarda anche a Reynolds, Gainsborough e occasionalmente a Raeburn.

Il suo lavoro è influenzato dall'arte del passato, prevalentemente figurativo ma estremamente moderno, affrontando le sfide della vita contemporanea e l'impatto politico e sociale del passato. Le pose che usa richiamano la storia dell'arte, dando ai suoi dipinti un senso di familiarità senza tempo, consentendo alle persone di apprezzarli sia oggi che in futuro.

 

 

Ashton è ossessionato dalla storia in generale, trovando sicurezza nel passato e apprezzando i musei come luoghi ispiratori e meditativi. Si concentra sull'era Regency e sulla nascita dell'impero britannico, sovvertendo il concetto di celebrità e fama trasmesse nei ritratti del passato attraverso la distorsione delle immagini e la creazione di ritratti di dimensioni atipiche che trasmettono insicurezza e instabilità.

Con un'abilità squisita, sovverte le immagini del passato, creando un'opera senza precedenti nella storia dell'arte e senza eguali nel mondo artistico contemporaneo.

 

 

UNO SGUARDO ALLA STORIA DI MATTHEW GRABELSKY

 

Matthew Grabelsky, un artista americano di Los Angeles, è noto per la sua capacità di combinare una tecnica pittorica iperrealista con una predilezione per gli accostamenti bizzarri. Cresciuto a New York, Grabelsky si ispira agli incontri della metropolitana per i suoi dipinti.


Laureatosi in Astrofisica e Arte presso la Rice University di Houston, si è poi trasferito a Firenze per studiare le tecniche di pittura ad olio europee. Le sue esperienze lo hanno ispirato a creare personaggi metà animali metà umani, spesso ritratti mentre viaggiano sulla metropolitana.
 
Affascinato dall'immaginario animale nella mitologia e nel folklore, Grabelsky rende partecipe il pubblico della sua visione del mondo contemporaneo.

Per l'artista, gli animali diventano manifestazioni del subconscio dei suoi soggetti, rivelando gradualmente la loro vera essenza e identità. I suoi dipinti, ispirati alla tecnica dei pittori accademici e naturalisti del XIX secolo, creano scenari incredibili e surreali ma dettagliati, catturando lo spettatore con un senso di ammirazione e incredulità. 
 
La sua mostra "Where the Wild Things Are" ci trasporta attraverso la metropolitana di NYC in un mondo sotterraneo, dove i suoi soggetti sono l'incarnazione del nostro sé interiore, dipinti con una tecnica raffinata e d'ispirazione classica.

La pittura iperrealistica di Grabelsky esplora una surrealtà che bilancia percezione e osservazione antropologica, invitando gli spettatori in una narrativa avvincente che sfuma i confini tra visibile e invisibile, apparenza esteriore ed essenza interiore.
 
L'ARTE DI MATTHEW GRABELSKY: TRA IPERREALISMO E SURREALISMO

 

Nell'universo artistico di Grabelsky, un mondo mitico popolato da creature fiabesche si fonde splendidamente con il contemporaneo attraverso una resa pittorica incredibile. La sua tecnica è iperrealista e l'artista è costantemente alla ricerca del dipinto perfetto. Ama sfidarsi con soggetti tecnicamente impegnativi, trovando sempre un senso di scoperta in ogni nuova sfida artistica. 

 

 

Citando l’artista: “Mi sono innamorato dei dipinti ad olio realistici quando ero al college. Ho visto queste incredibili opere nei musei e ho avuto un potente desiderio di imparare a dipingere così. Ho iniziato comprando alcuni colori ad olio e pennelli e ho cercato di fare qualcosa di simile a ciò che ammiravo, ma non riuscivo ad avvicinarmi a tanta perfezione. Ora, dopo anni di studio e pratica, sono arrivato al punto in cui sono in grado di far combaciare la pittura ad olio con le immagini che vedo nella mia testa e questo è immensamente gratificante e un grande senso di realizzazione. Anche se sono sicuro che passerò il resto della mia vita cercando di perfezionare la mia tecnica, sono finalmente arrivato a un punto in cui posso esprimermi attraverso la pittura ad olio.”

 

 

Cresciuto a New York, vede la città come l'ambiente urbano archetipico. Sebbene abbia vissuto anche a Parigi, ha scelto New York per la sua contemporaneità e varietà. Le strade, gli edifici e la densità urbana della città sono il perfetto sfondo per le sue opere. La metropolitana di New York è stata la location principale dei suoi primi dipinti sugli animali, ma poi ha ampliato i suoi scenari alle strade e ai parchi della città. 

 

 

Ad esempio, in "The Cat in the Hat", presentato nella mostra "Where The Wild Things Are", una famiglia con teste di tigre bianca legge il libro omonimo di Dr. Seuss. Grabelsky ha scelto le tigri bianche per rappresentare dei gatti selvatici, combinando la loro colorazione con il gatto nel libro. Sebbene le tigri siano spesso considerate feroci, questo dipinto cattura un momento familiare e tenero, rivelando un lato più dolce di questi predatori.

 

 

Grabelsky pensa costantemente alla pittura, che sia impegnato nel dipingere o in altre attività, essendo la sua principale passione nella vita. Cresciuto con genitori nel mondo dell'arte, ha sempre fatto arte, con una predilezione per la mitologia, che ispira le sue creature. La mitologia, per lui, è una fonte essenziale di ispirazione, poiché rappresenta storie comuni che si modificano ed evolvono nel tempo. 

 

Dipinge spesso ascoltando audiolibri, che lo ispirano con le loro storie narrate. La sua tecnica è influenzata dai pittori accademici e naturalisti del XIX secolo, con un tocco surreale. Inizia i suoi dipinti con un'idea, raccogliendo materiali di riferimento e scegliendo amici o familiari come modelli per i suoi personaggi. Fotografa la metropolitana e altri ambienti per creare i giusti scenari e poi aggiunge dettagli legati al personaggio durante il processo di composizione del dipinto. 

 

 

I suoi dipinti attingono spesso dai suoi ricordi d'infanzia, con un forte elemento legato alla lettura e alla fantasticheria. Dipinge i suoi personaggi con teste di animali in un mondo popolato da esseri umani, creando un'ambiguità che piace all'artista e offre agli spettatori libertà d'interpretazione. La sua palette di colori è vivida e variegata, utilizzata per coinvolgere emotivamente gli spettatori.

 

 

BREVE STORIA DEL RITRATTO

 

Quello del ritratto è, probabilmente, sin dall’antichità, il genere più diffuso nella Storia dell’Arte. 

La figura umana è sempre stata, infatti, un soggetto affascinante per gli artisti di ogni epoca. Sin dagli antichi Egizi fino all’età contemporanea il ritratto è stato un mezzo tramite cui veicolare identità e simboli di potere, ma anche un modo per preservare il ricordo di un momento passato o di una persona lontana o non più in vita. 

Prima dell’invenzione della fotografia, il ritratto era lo strumento per raffigurare volti e figure, riproducendoli dal vivo o ricostruendone i tratti somatici a memoria o tramite preesistenti documenti figurati.
L’artista che esegue un ritratto cerca di riprodurre o interpretare le caratteristiche e le espressioni del soggetto, anche se il ritratto non deve essere necessariamente fedele alla realtà, ma può essere anche idealizzato. 

 

La realizzazione di un ritratto può essere fatta per motivi personali, politici o sociali. Il ritratto può esaltare le caratteristiche fisiche del soggetto rappresentato, può testimoniare la sua appartenenza sociale oppure concentrarsi sulle sue qualità psicologiche e caratteriali.
Anticamente il ritratto era riservato ai grandi personaggi come sovrani, imperatori, o ricchi artostocratici.

In epoca romana il ritratto era prevalentemente utilizzato per raffigurare nobili, ma soprattutto membri della famiglia imperiale ed esponenti dell’Impero, ed aveva un significato prettamente politico.

Durante il Medioevo, invece, il ritratto perse importanza per poi essere riscoperto lentamente. 

In questo periodo, infatti, le raffigurazioni erano principalmente dedicate alle figure sacre: Cristo, la Madonna, i Papi, i santi e i martiri erano i soggetti più rappresentati e le figure divine erano ritratte in grandi proporzioni mentre i committenti si riducevano a miniature sproporzionate.

Il ritratto nell'accezione moderna nacque nel 1400, quando nell'arte fu riscoperta la centralità dell’uomo e il ritratto fu impostato come un genere autonomo. Da allora, il ritratto, che prima era prerogativa della nobiltà, si diffuse presso le corti, le signorie, ma anche in ambito ecclesiale e presso la borghesia urbana, e diventò uno status symbol.

 

 

Con l’avvento del Rinascimento, quindi, le cose cambiano e questo genere inizia a diffondersi, trovando ampio successo e sviluppandosi principalmente a Firenze e nelle Fiandre.
I primi ritratti dell’epoca si presentavano ancora abbastanza classici, preferendo una rappresentazione di profilo.
I pittori fiamminghi, invece, decisero di abbandonare la rappresentazione di profilo, e iniziarono a dipingere il soggetto nella posa di tre quarti e dipingendo i volti in modo più dettagliato.
Dall’inizio del XV secolo saranno, infatti, i pittori fiamminghi ad insegnare all’Europa l’arte del ritratto come opera autonoma su tavola. Gli artisti si distinsero in particolare per l’attenzione estrema alla cura analitica dei particolari fisiognomici. 


Più nello specifico, fu Jan van Eyck ad introdurre la visione di tre quarti che favoriva l’indagine psicologica del personaggio, ponendolo in un più diretto contatto con l’osservatore. 

Dürer, invece diede inizio alla tradizione dell'autoritratto allo specchio, un mezzo attraverso il quale gli artisti esplorano e approfondiscono la propria conoscenza di sé. Tale pratica consente agli osservatori di vedere se stessi riflessi nella figura ritratta, scoprendo eventuali somiglianze. 

 

Importanti aspetti del ritratto di epoca rinascimentale furono la presenza di piccoli elementi simbolici e idealizzati e di oggetti che rappresentavano la ricchezza e il prestigio della persona rappresentata, ma soprattutto la propensione a voler far emergere la personalità del soggetto dipinto.

A partire dal Cinquecento, poi, furono moltissimi gli artisti che si cimentarono nel genere del ritratto, e possiamo dire che probabilmente tutti i più grandi maestri dell'epoca si dedicarono ad esso, tra cui Leonardo, Tiziano e Raffaello.

Durante il periodo barocco e rococò, poi, l’arte del ritratto ebbe un’enfasi ancora maggiore, come immagine dell’opulenza carica dei simboli del potere e della ricchezza. I ritratti divennero ricchissimi ed estremamente dettagliati. 

 

 

Un ritratto maschile di grande bellezza, del XVII secolo, che riteniamo possa essere di particolare interesse, è “Il cavaliere sorridente” di Frans Hals (1582/3-1666) presentato alla Wallace Collection nel 2021. Quest’opera di grande fascino, datata 1624, è un meraviglioso esempio dell'approccio altamente innovativo di Hals al ritratto maschile.

Hals, infatti, attraverso la posa e la tecnica pittorica, ha rivoluzionato il ritratto maschile creando qualcosa di assolutamente nuovo e soprattutto catturando e rivelando i caratteri dei suoi soggetti come nessun altro prima di lui aveva fatto.

 

Ma il vero periodo d’oro del ritratto fu il XVIII secolo. In quell’epoca, infatti, l’intimità e la sensibilità cominciano a prendere il sopravvento e aumentarono le rappresentazioni della famiglia e dell’infanzia. Inoltre, iniziarono ad essere rappresentate le persone del teatro.

Alla fine del secolo si diffuse la nuova sensibilità neoclassica che diede ampio spazio alle tonalità chiare, alla semplificazione delle linee e dei tratti somatici, con richiami all'arte greca. Artisti di spicco  di questo periodo furono Antonio Canova e Ingres.

All’epoca fecero il loro ingresso nei dipinti anche i volti di soggetti comuni, catturati in composizioni pittoresche e con uno stile che rispecchiava il gusto popolare. Pur non essendo i finanziatori dell'opera, questi individui catturavano l'interesse dell'artista desideroso di esplorare la figura umana.

 

 

Nell'Ottocento i ritratti si divisero in tre correnti, quella “classica” che seguiva le orme di Jacques-Louis David, la corrente “romantica” capeggiata da Eugène Delacroix, e quella "politica" di Gustave Courbet. 
L'invenzione della fotografia, inseguito, diede vita a  nuovi scenari nella ritrattistica, che cambiò radicalmente. 

Guardando al novecento l'arte ritrattistica venne influenzata dalla corrente astratta, che metteva il “sé interiore” al centro del ritratto e al di sopra della rappresentazione oggettiva del soggetto. Grandi artisti moderni che realizzarono ritratti furono Modigliani, Mirò, De Chirico e Picasso.

 

 

Qualcuno pensa che con la nascita della fotografia il ritratto (dipinto, o scolpito) abbia avuto un declino, ma in realtà ancora oggi, come possiamo vedere dalle splendide opere di Ben Ashton Matthew Grabelsky è un genere ampiamente ricercato e in continua evoluzione, declinato in modi sempre diversi e assolutamente personali, espressione dell’epoca e del sentire interiore dell’artista.

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DCG ROME

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